L'alluvione e l'equazione
Dove facciamo conoscenza con una relazione matematica che ci dice qualcosa sui disastri che stanno accadendo
L’idea di questa newsletter scaturisce dalla voglia di raccontare la scienza del cambiamento climatico in un modo che sia libero dall’ossessione per l’immediata attualità, dall’assillo della rapidità. Un racconto ben piantato nel presente, ma che non richieda di compulsare ogni ora le agenzie, i quotidiani, i social media. Alla larga dal chiacchiericcio.
Ma il presente è anche cronaca e a volte irrompe in modo così brutale da pretendere l’attenzione.

Più di 200 morti, mucchi di automobili accatastate nelle strade, paesi sommersi, la pioggia di un anno scaricata in otto ore. L’alluvione nella provincia di Valencia, in Spagna, è un evento drammatico e catastrofico. Su questo, siamo tutti d’accordo. Da qui in avanti iniziano le considerazioni, le interpretazioni, le valutazioni. E non mi riferisco solo a quelle degli esperti, di chi parla con cognizione di causa, o a quelle di chi, non esperto, ha il sincero desiderio di capire. Mi riferisco anche ai commenti di chi sembra non voler capire, ma solo confermare i propri pregiudizi e ideologie.
Ogni volta è la stessa storia. Si ripete per le ondate di calore, per le siccità, per le alluvioni. Come sciami, arrivano quelli del ma è già successo. Impestano i social media di fotografie d’epoca e di ritagli di giornale, senza nessun commento, se non la frasetta che non dice niente ma insinua, e dice, tutto: «il cambiamento climatico……».
Non ci vuole niente a farlo, ci vuole molto di più, poi, per smontare, verificare, contestualizzare. Ma questa è l’irritante e triste asimmetria tra disinformazione e informazione.
Sì, è già successo. Nel caso spagnolo, per esempio, è l’alluvione che nel 1957 ha colpito proprio la provincia di Valencia. Il fiume Turia straripò e fu un disastro. Il responsabile fu un fenomeno meteorologico simile a quello dello scorso 29 ottobre.
Una “goccia fredda” si stacca dalla corrente a getto, un nastro di aria che scorre da ovest verso est dentro la grande circolazione atmosferica globale. La goccia si fa un giro verso sud, transita sopra il Mar Mediterraneo (sempre più caldo) e poi torna su, carica di calore e umidità. Poi si ferma. E lì dove si ferma scarica l’acqua che s’è portata con sé. La configurazione rimane bloccata fino a che non si esaurisce, infliggendo tutta la distruzione possibile ai territori che se la ritrovano sopra.
La Spagna sud-orientale è esposta a questi fenomeni a causa della sua posizione, al confine tra l'Oceano Atlantico e il Mar Mediterraneo. L’aria fredda e l’aria calda si scontrano e questo duello meteorologico, in genere, crea un bel po’ di scompiglio.
Dunque, ciò che è avvenuto il 29 e il 30 ottobre nella provincia di Valencia non è qualcosa di inedito. Ma nella grande alluvione del 14 ottobre 1957 il problema fu anche la fragilità degli argini del Turia, che cedettero. La catastrofe fu un punto di svolta nella pianificazione urbana e idraulica. Il segmento terminale del fiume, che sfocia nel mar Mediterraneo, venne deviato a sud di Valencia e l’area del vecchio alveo è diventata uno spazio verde urbano.
Nel frattempo, il contesto climatico è cambiato e, con esso, anche quello della conversazione pubblica.

Pochi giorni prima che la provincia di Valencia finisse sott’acqua, un esperto dell’agenzia meteorologica spagnola aveva pubblicato un post su X (prima si chiamava Twitter, ora ha questo nome nonsense) in cui comunicava che i modelli meteorologici indicavano l’arrivo di una goccia fredda che poteva avere un impatto piuttosto serio.
Com’è ormai la norma, diversi utenti lo hanno preso a pesci in faccia con commenti dal tono sarcastico, alcuni anche chiaramente negazionista.
Sono dinamiche antipatiche e frustranti, che dopo il cambio di proprietà della piattaforma sono diventate sempre più pervasive, tanto che molti scienziati, esasperati, l’hanno abbandonata (proprio ciò di cui i social media avrebbero bisogno, no?).
Avevo detto che sarei stato alla larga dal chiacchiericcio e mi sforzo di rimanere fedele al mio intento. Il fatto è che le narrazioni distorte, ingannevoli, disinformative sono pane quotidiano per chi scrive di scienza su certi temi. Un pane poco piacevole da ingoiare, a dire il vero, ma il punto non è tanto questo, quanto il fatto che a volte queste narrazioni sono, quantomeno, l’occasione per chiarire qualcosa.
Prendiamo proprio la narrazione del ma è già successo.
In effetti, se di un certo evento meteorologico si dice, magari correttamente, che è “il più forte da 100 anni", è ovvio che la reazione di molti sarà: eh ma allora se è già successo 100 anni fa, che c'entra il cambiamento climatico?
Per quanto spesso malevola e pregiudiziale, questa domanda è nello stesso tempo anche legittima, quindi è necessario spiegare questa faccenda una volta per tutte.
Non ci attendiamo, e nessuno ha mai detto, che l'eccesso di CO2 in atmosfera produca piogge di fuoco, di rane o altri fenomeni soprannaturali, bizzarri, mai visti. Ci attendiamo che questo eccesso di CO2 che abbiamo mandato in atmosfera, bruciando combustibili fossili, influenzi il sistema climatico e il ciclo idrologico (evaporazione, condensazione, precipitazione dell'acqua), estremizzandoli. Quindi, gli stessi fenomeni diventano più intensi di quello che sarebbero.

Qui si entra nel reame della matematica applicata alla termodinamica (non scappate).
C’è un’equazione ottocentesca, che il cambiamento climatico ha portato alla ribalta. Si chiama equazione di Clausius–Clapeyron. Prende il nome dai fisici Rudolf Clausius ed Émile Clapeyron, due protagonisti della storia della termodinamica. Clausius è il padre del concetto di entropia.
L’equazione lega la variazione della pressione a quella della temperatura in un sistema dove una sostanza si trova all’equilibrio tra due fasi, per esempio liquido e vapore. È ciò che accade anche nella pentola a pressione che usate in cucina.
L’equazione di Clausius–Clapeyron stabilisce che l’aria atmosferica trattiene circa il 7 percento di umidità in più per ogni grado centigrado di aumento della temperatura. La relazione entra in gioco in particolare sui mari e sugli oceani, dove c'è acqua in abbondanza. È qui che le masse d’aria, come le gocce fredde o gli uragani, si caricano di acqua e di calore.
Le cose però sono più complicate di quello che si evince dal solo calcolo dell'equazione.
Uno studio ha evidenziato che durante la stagione degli uragani nell’Oceano Atlantico del 2020 i tassi di precipitazione nell’arco di tre ore e le quantità di precipitazioni accumulate in tre giorni sono stati, rispettivamente, dell'11 e dell'8% maggiori, come conseguenza del fatto che le acque dell’oceano, durante quella stagione, sono state più calde di 0.4-0.9 gradi centigradi. Secondo gli scienziati, mentre il secondo parametro è in linea con l’equazione di Clausius-Clapeyron, per quell’aumento della temperatura oceanica, il primo è circa il doppio.
L’equazione dice, quindi, qualcosa su come il riscaldamento globale influisce sull’umidità complessiva nell’atmosfera, ma non ci permette di prevedere con esattezza quanto pioverà in un certo luogo a causa di una perturbazione. Da sola, non dice nemmeno quanto severa sarà un’alluvione, perché questo dipende da un complesso di fattori locali, come l’idrologia e la conformazione del territorio e la sua vulnerabilità.
Di certo c’è che il riscaldamento globale sta intensificando il ciclo idrologico. Anche se può apparire paradossale, questo spiega perché il cambiamento climatico può estremizzare sia le siccità che le piogge, due fenomeni che sono agli opposti: l’aria più calda fa evaporare una maggiore quantità di acqua dai suoli durante le siccità; l’aria calda trattiene anche più umidità, caricando d’acqua una goccia fredda o un ciclone.
E il cambiamento climatico non è soltanto eventi estremi, non è una entità che balza fuori all'improvviso, come una bestia in agguato, per poi tornare nella sua tana e scomparire. Il cambiamento climatico è un complesso di fenomeni che sono in atto ogni giorno, da anni, su tutto il pianeta, dall'Artico fino ai fiumi che passano vicino a casa nostra.
Ho scritto tutto questo in uno stato di disorientamento perché il calendario dice che siamo all’inizio di novembre, ma là fuori sembra primavera. E non ci si riesce ad abituare.
Un mio articolo recente che mi fa piacere condividere: Democrazia e verità al tempo della disinformazione
Grazie, complesso ma chiaro, come sempre 🙏